Una freudiana tempesta di emozioni: Ang Lee, tra ambizione e frustrazione
  2017-06-26 10:05:43  cri
"Proprio come satana nel Cristianesimo e nell'Islamismo, come le entità demoniache nel Buddismo, come la dissimulata tigre e il recondito dragone nel Taoismo; così io, quando giro un film, affronto il demone che si cela nel mio cuore. Dopo il lavoro faccio ritorno a casa, dando il mio meglio come seguace di Dio.

Nato e cresciuto sullo sfondo della cultura confuciana, ho l'abitudine di esprimermi attraverso il principio di armonia orientale toccando il teatro, la religione, la cultura e il cinema occidentali. Nutro anche una forte attrazione per i conflitti, la resistenza e il sogno".

Queste sono le parole del regista tratte dalla sua autobiografia intitolata "Un sogno cinematografico lungo 10 anni". La narrazione dà enfasi alla tensione tra vita cinematografica e vita reale, ai conflitti e i legami della cultura orientale con quella occidentale, alle queali sono state attribuite delle essenze quasi divine. Nei lavori di Ang Lee ci troviamo quindi ad essere sempre spettatori di un immaginario che è fuori dal comune. Da "Father knows best", una sorta di trilogia familiare degli esordi nell'industria del cinema, a "La Tigre e il dragone", una pietra miliare nella sua carriera, e poi dal poetico "Brokeback Mountain" giungendo infine al magnifico "Vita di Pi", ogni film di Ang Lee si getta a capofitto nella dimensione del fantastico. Dal punto di vista tematico, Ang Lee può essere considerato un regista versatile in quanto riesce nell'intento di adattare qualsiasi racconto ad un dato background culturale e lo fa con una tale naturalezza che sembra difficile immaginare che ogni scena possa derivare dalla mente di un solo regista asiatico. Quanto all'essenza dei suoi lavori, Ang Lee rientra nella schiera di quei registi che girano "un solo film" che vale per tutta la vita: non importa quale storia venga raccontata, purché essa incarni il senso della vita.

Sui lavori di Ang Lee, diverse sono le opinioni del pubblico asiatico. Alcuni amano il suo stile squisito ed introverso, mentre altri non provano attrazione nei confronti della pesantezza e della lentezza delle sue pellicole. E' chiaro che, per uno spettatore, può essere abbastanza fastidioso quando va al cinema a vedere "Hulk" per assistere agli effetti speciali e ad un'esplosione di violenza e deve attendere trentacinque minuti prima che il protagonista si trasformi; stessa cosa vale per "Taking Woodstock" che narra dell'evento di musica rock che ha cambiato l'ideologia moderna occidentale ma del quale, nella versione di Ang Lee, non si vede quasi nessuna scena. Per non parlare poi dei toni cupi e deprimenti de "La tempesta di ghiaccio" e "Lussuria - Seduzione e tradimento".

In breve si può dire che il "modello Ang Lee" è particolare; andare a vedere una delle sue pellicole con la propensione per una certa tipologia di film, può lasciare facilmente confusi e delusi. In lui si fonde l'immagine del regista-autore di cui le storie, le colonne sonore, i dialoghi e le scene parlano da sé, dando vita ad un prodotto genuino ed evanescente allo stesso tempo.

Anche se le strategie di mercato attuate per pubblicizzare "Vita di Pi" erano indirizzate soprattutto verso la tecnologia 3D; alla fine, ad essere premiati sono stati i fattori artistici, privati ed individuali.

Al momento Ang Lee è il solo a dare fondo ad un budget così alto per la realizzazione di un film vincendo, al contempo, gli applausi del pubblico e della critica.

Il successo di Ang Lee è dovuto allo stile con cui fa sua una storia: manca un'esplosione di espressività, ma riesce, tuttavia, nel raccontare i valori occidentali filtrandoli attraverso la tolleranza e il temperamento della cultura orientale. Questo tipo di approccio si innesta nella sua personalità fin dalla sua giovinezza. Nato nel 1954 in una famiglia confuciana di Taiwan ed educato con rigore dal padre, il giovane Ang Lee ha perseguito il suo sogno nel cinema incorrendo in numerose vicissitudini anche viaggiano e vivendo all'estero. All'età di 38 anni ha prodotto indipendentemente il suo primo film, "Pushing Hands". Arrivato a questo punto, le emozioni represse e accumulate per molti anni si sono riversate con una certa naturalezza nei suoi film e nei personaggi da lui abilmente costruiti. Abbiamo quindi visto Elinor in "Ragione e sentimento", Yu Xiulian ne "La tigre e il dragone", Ennis in "Brokeback Mountain" e Yi Mocheng in "Lussuria - Seduzione e tradimento".

Quanto a la "Vita di Pi", la scena in cui il protagonista viene costretto dal padre ad assistere all'uccisione di una capra divorata dalla tigre, rievoca nella mente del regista la sua famiglia di stampo patriarcale: l'impatto con la cruda realtà che reprime un'innocente naturalezza e l'autorità di un padre che influenza il resto della vita. In "Vita di Pi", Ang Lee ha intenzionalmente inserito il personaggio della prima fidanzata del protagonista che nel romanzo originale non figura. Il motivo risiede probabilmente nel voler creare una piccola pausa nella repressa adolescenza di Pi, e nel dare uno spaccato della memoria del regista stesso.

E' dal sentimento di repressione che derivano l'esplosione e la distruzione. Ang Lee è un esperto in questo campo ed è disposto ad esplorarlo. Non è un caso, quindi, che nelle sue pellicole racconti la storia delle famiglie della classe media americana attratte dall'occulto, dell'uomo che si arrabbia e che diventa un mostro verde amante della distruzione, dell'amore che sfida la morale e il senso di giustizia nel caos della guerra, della tigre celata nel proprio cuore che esplode con tutta la sua forza e così via. In ogni suo film appare un'immagine che come un lampo illumina l'oscurità del mondo. Ang Lee definisce quest'attimo come l'espressione del desiderio, dell'impulso, della spiritualità, dell'istinto e della voglia di vivere, insomma di tutti quei sentimenti che stimolano la sopravvivenza e che rimandano alla teoria psicologica dell'Io di Sigmund Freud.

Passando per una strada diversa, Ang Lee è riuscito a coniugare il pensiero freudiano basato sui legami tra l'Io l'Es e il Super-Io. Se la fase di "Ragione e sentimento" può essere considerato come un periodo di prova, dalla produzione de "La tigre e il dragone", giungendo infine a "Vita di Pi", il regista raggiunge gradualmente a completa maturazione: ne "La tigre e il dragone", Li Mubai persegue il "Dao" senza riuscire nel suo intento, la confusione di quest'ultimo è paragonabile alla stessa di Pi che, insistentemente, interroga il cielo sul senso della vita. Nell'illusione che si crea fra il cielo e la vasta distesa d'acqua, il ragazzo riesce ad addomesticare la tigre, combattendo con essa per il pesce più grande; l'immagine si accosta all'elegante duello disputato nella foresta di bambù tra Li Mubai e Yu Jiaolong per ottenere la spada Qingming.

Nello scambio di sguardi, sotto effetto delle allucinazioni e in stato confusionale si consuma il conflitto tra l'Io e l'Es, ovvero lo scontro fra ordine e istinto naturale.

L'obiettivo finale non si traduce nel chi prevale su chi, quanto piuttosto nell'equilibrio e nell'intesa tra i due nel raggiungere una sorta di esistenza suprema. Quindi, si può dire che Ang Lee abbia cercato assieme a Li Mubai, Yu Xiulian e Yu Jiaolong di raggiungere il "Dao" mentre, assieme a Pi e alla tigre Richard Parker di entrare in contatto con Dio.

Ang Lee sa bene che, anche dopo il conflitto, la conciliazione e le sfide che ci troviamo ad affrontare, una condizione ascetica resta di fatto irraggiungibile. Egli così ha detto: Nel cuore di ogni cosa giace una "brokeback mountain"; con questo non si intende che ognuno di noi cela dentro di sé un amore inconfessabile, bensì sta ad indicare l'esistenza di un'oasi utopistica racchiusa nella nostra anima, di cui si conosce l'esistenza ma che, tuttavia, non può essere raggiunta. Proprio nell'epilogo di "Lussuria - Seduzione e tradimento", nel quale la protagonista, Wang Jiazhi, siede sulla portantina per fuggire, i colori degli eventi si sciolgono volgendosi rapidamente a ritroso. Per un istante, tutto sembra così armonioso, si dissolvono la guerra, la cospirazione e il tradimento; sulla scena rimane solo l'amore che per lungo tempo era stato dimenticato. Però, quando il conducente le chiede: "torna a casa?", lei, come in trance, non risponde; in cuor suo già conosce il suo destino: in quella "casa", lei non può tornarci.

Nelle pellicole di Ang Lee, la realtà è un deserto e un oceano allo stesso tempo; non importa quanto la lotta dell'individuo possa essere cruenta, la Terra Promessa resta una meta lontana e irraggiungibile.

Una volta aver goduto delle ricchezze del mondo, ciò che resta è solo mera vanità riflessa nell'ombra di se stesso.

Il destino protagonista di ogni storia accoglie in sé la speranza, l'impotenza, l'approccio pessimistico alla realtà, abbracciati tutti da una profonda introspezione.

Non importa quanto desolato possa essere il finale, la vita continua. Dopo il risveglio dell'Io e l'estenuante ricerca del Super-Io, Ang Lee forte della sua "orientalità", come un maestro Taiji, trova, a cavallo tra sogno e realtà, un rifugio armonioso per il cuore: il Sé, autentico, quieto e frugale.

Un vecchio proverbio cinese recita: "La saggezza più pura si cela tra le montagne, quella eccelsa si esprime nella vita mondana". Nei suoi film, il regista, dominato dal desiderio e carico di spiritualità, s'incarna così nei suoi personaggi, prendendo le sembianze di Yu Jiaolong, di Hulk e della tigre, spezzando le catene e riscoprendo le proprie qualità innate. Egli in questo modo esplora, attraverso le immagini cinematografiche, i sentimenti romantici più commoventi racchiusi nel cuore.

Quando viene poi riproiettato nella vita reale, egli è ancora marito, padre ed un elegante uomo orientale; proprio come Pi dopo la sua avventura in mare. Senza lasciare trapelare alcuna perplessità o irrequietezza, il suo sguardo riesce a trasmettere una calma e una serenità quasi indescrivibili.

Nella sua autobiografia, Ang Lee spiega la sua idea di film definendola come "un sogno in cui rifugiarsi e in cui ricercare il paradiso personale". Un brusco risveglio è, tuttavia, inevitabile: proprio come nel finale de "La tigre e il dragone", in cui Yu Jiaolong salta nel precipizio e scompare tra le nuvole, e in quello di "Vita di Pi", in cui la tigre Richard Parker entra nella giungla senza volgersi indietro.

Quanto a noi, nel momento in cui ci sembra di abbandonare la dimensione onirica con l'idea di aver perso qualcosa, troviamo, quasi per caso, proprio come il regista, un attimo per conoscere, e soprattutto riconoscere, noi stessi.

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