Io uccido
  2009-10-01 15:31:10  cri
Giorgio Faletti

2.

Jean-Loup, attraverso la grande vetrata della cabina di regia, stava osservando la città e i suoi giochi di luce che si riflettevano sull'acqua immobile del porto. Sopra, avvolta nell'oscurità, la presenza protettiva del Mont Agel sulla cui cima, segnalato da una serie di luci rosse, c'era il ripetitore della radio, quello che permetteva loro di raggiungere e coprire l'Italia.

La voce di Laurent gli arrivò alle spalle, uscendo dall'interfono.

- Pausa finita, si torna al lavoro.

Senza curarsi di rispondere, il dee-jay si staccò dalla finestra e tornò in postazione. Si mise le cuffie e si sedette davanti al microfono. Laurent, attraverso il vetro della cabina di regia, mostrò a Jean-Loup la mano aperta per indicargli che mancavano cinque secondi alla fine della serie di spot pubblicitari.

Laurent mandò in onda il breve jingle di Voices, per sottolineare il ritorno della trasmissione. Era stata, almeno fino a quel momento, una puntata di tutto di riposo, anche molto divertente a tratti, senza il connotato dolente che qualche volta erano chiamati a supportare.

- Jean-Loup Verdier, ancora. Ancora Voices, da Radio Monte Carlo, sperando che in questa bella notte di maggio non ci siano persone che abbiano bisogno del nostro aiuto, ma solo della nostra musica. Mi hanno appena fatto segno che c'è una telefonata.

Infatti, la luce rossa in alto sulla parete si era accesa e Laurent aveva puntato verso di lui l'indice della mano destra, per confermargli che c'era una chiamata in linea. Jean-Loup si appoggiò con i gomiti sul piano del tavolo e si rivolse al microfono che aveva davanti.

- Pronto?

Ci furono un paio di scariche e poi silenzio. Jean-Loup alzò la testa e guardò Laurent inarcando le sopracciglia. Il regista si strinse nelle spalle a indicare che il problema non veniva da loro.

- Sì, pronto?

Finalmente la risposta arrivò attraverso l'aria e nell'aria la radio la rimandò e divenne di tutti. Prese posto nelle casse di diffusione della regia e nella loro mente e nella loro vita. Da quel momento in poi e per tanto tempo il buio sarebbe diventato un po' più buio e sarebbe servito molto rumore per coprire tutto quel silenzio.

- Ciao, Jean-Loup.

C'era qualcosa di innaturale nel suono di quella voce. Sembrava intubata ed era stranamente piatta, senza espressione e senza colore. Le parole avevano la scia di un'eco soffocata, come un lontano aereo in partenza.

Di nuovo Jean-Loup guardò interrogativamente Laurent, che usò ancora l'indice della mano destra, descrivendo dei brevi cerchi in aria, per indicare che la distorsione dipendeva dalla comunicazione.

- Ciao. Chi sei?

Ci fu un istante di esitazione dall'altro capo del filo. Poi la risposta quasi soffiata nel suo innaturale riverbero.

- Non ha importanza. Io sono uno e nessuno.

- La tua voce è disturbata, si sente male. Da dove chiami?

Pausa. La leggera scia di un aereo diretto chissà dove.

L'interlocutore rilevò l'appunto di Jean-Loup.

- Anche questo non ha importanza. L'unica cosa che conta è che è arrivato il momento di parlarci, anche se questo vuol dire che dopo né tu é io saremo più gli stessi.

- In che senso?

- Io sarò presto un uomo inseguito e tu starai dalla parte dei cani abbaianti che daranno la caccia alle ombre. È un peccato, perché adesso, in questo preciso momento, tu e io siamo uguali, siamo la stessa cosa.

- In cosa siamo uguali?

- Per il mondo siamo tutti e due una voce senza volto, da ascoltare con gli occhi chiusi, immaginando. Là fuori è pieno di gente occupata solo a procurarsi una faccia da mostrare con orgoglio, a costruirsene una che sia diversa da tutte le altre, senza nessuna preoccupazione all'infuori di quella. È il momento di uscire e andare a vedere cosa c'è dietro...

- Non capisco cosa vuoi dire.

Ancora una pausa, lunga abbastanza da far sembrare caduta la comunicazione. Poi la voce ritornò e qualcuno fra di loro ebbe l'impressione di sentirci l'impronta di un sorriso.

- Capirai, nel tempo.

- Non riesco a seguire i tuoi ragionamenti.

Ci fu una leggera pausa, come se l'uomo, all'altro capo del filo, stesse studiando le parole.

- Non fartene un problema. A volte è difficile anche per me.

- E allora perché hai chiamato, perché stai qui a parlare con me?

- Perché io sono solo.

Jean-Loup chinò la testa sul tavolo e se la strinse fra le mani.

- Parli come un uomo che sta chiuso in una prigione.

- Tutti siamo chiusi in una prigione. La mia me la sono costruita da solo, ma non per questo è più facile uscirne.

- Mi spiace per te. Credo di intuire che non ami la gente.

- Tu la ami?

- Non sempre. A volte cerco di capirla e quando non ci riesco cerco almeno di non giudicarla.

- Anche in questo siamo uguali. L'unica cosa che ci fa differenti è che tu, quando hai finito di parlare con loro, hai la possibilità di sentirti stanco. Puoi andare a casa e spegnere la tua mente e ogni sua malattia. Io no. Io di notte non posso dormire, perché il mio male non riposa mai.

- E allora tu che cosa fai, di notte, per curare il tuo male?

Jean-Loup incalzò leggermente il suo interlocutore. La risposta si fece attendere e fu come se un oggetto avvolto in diversi strati di carta prendesse lentamente la luce.

- Io uccido...

- Che signif...

La voce di Jean-Loup fu interrotta da una musica che uscì dalle casse. Era un brano arioso, malinconico, dalla melodia coinvolgente, eppure, dopo quelle ultime due parole, parve diffondersi nell'aria come una minaccia. Durò in tutto una decina di secondi, poi, di colpo com'era arrivata, la musica si spense.

Nel silenzio di colla che seguì, tutti udirono distintamente il click della comunicazione interrotta. Jean- Loup alzò di scatto la testa verso gli altri. Nella stanza, il fruscio fresco del condizionatore e il gelo dei loro pensieri, eppure fu come se tutti, contemporaneamente, si fossero girati a guardare verso il bagliore accecante di Sodoma e Gomorra in fiamme.

Dopo quell'episodio, riuscirono in qualche modo a trascinare la trasmissione fino al momento di lanciare la sigla. Non c'erano state più telefonate da parte del pubblico. O meglio, dopo la strana chiamata, il centralino era stato intasato di telefonate, ma nessuna era stata mandata in onda.

Jean-Loup si tolse le cuffie e le appoggiò sul tavolo, accanto al microfono. Si accorse che quella sera, nonostante il condizionato, aveva i capelli sudati, come dopo una leggera corsa.

Né tu né io saremo più gli stessi.

Per tutto il tempo residuo aveva passato solo musica, dilungandosi a puntualizzare la strana analogia fra Tom Waits e l'italiano Paolo Conte, entrambi atipici come interpreti ed estremamente significativi come autori. Tradusse i testi di due loro canzoni e ne sottolineò l'importanza. Fortunatamente avevano anche diverse scappatoie per le serate disperate, e quella senza dubbio lo era. C'erano alcuni numeri di telefono di riserva a cui appoggiarsi quando la trasmissione non riusciva a decollare. Chiamarono alcuni artisti amici pregandoli di intervenire e passarono un quarto d'ora in compagnia della poesia e dell'umorismo di Francis Cabrel.

La porta di comunicazione si aprí e la testa di Laurent fece capolino tra gli stipiti.

- Tutto bene, Jean-Loup?

Jean-Loup lo guardò come se non lo vedesse.

- Sì, tutto bene.

Si alzò e insieme uscirono dallo studio, incrociando gli sguardi perplessi e in qualche modo sfuggenti di Barbara e di Jacques, il fonico. La ragazza indossava una camicietta azzurra e Jean-Loup notò che aveva due larghe chiazze di sudore sotto le ascelle.

- C'è stato un casino di telefonate. Due hanno chiesto se era un giallo a puntate e quando andava in onda la prossima, poi almeno una dozzina di persone sdegnate per i mezzucci a cui siamo costretti a ricorrere per aumentare l'ascolto. Ha chiamato anche il boss ed è arrivato come un falco. È già nell'ufficio del presidente che ci aspetta. Ci è cascato anche lui e ci ha chiesto se siamo impazziti. Sembra che uno degli sponsor gli abbia telefonato subito e non credo fosse una telefonata di congratulazioni.

Jean-Loup immaginava la stanza, se possibile, ancora più intasata del fumo delle sue sigarette, e un discorso leggermente meno entusiasta di quello che gli aveva fatto prima della trasmissione.

- Come mai il centralino non ha filtrato la chiamata?

- Mi venga un colpo se riesco a capire che cosa è successo. Raquel dice che la telefonata non è passata attraverso di lei. Per un motivo che non sa spiegare è arrivata direttamente sulla linea dello studio. Ci dev'essere stato un contatto o che so io. Per me è il nuovo centralino elettronico che inizia a lottare con l'autocoscienza. Vedrai che un giorno o l'altro ci troviamo tutti a combattere con le macchine, come in Terminator.

Uscirono dalla regia uno di fianco all'altro, diretti verso l'ufficio di Bikjalo, senza avere il coraggio di guardarsi in faccia. Fra di loro la sottile intercapedine di quelle due parole.

Io uccido...

Passarono davanti alla postazione dei computer, perplessi. Il suono angosciante di quella voce pareva ancora aleggiare nell'aria.

- E quella musica finale? A me sembra di conoscerla...

- Anche a me. Se non sbaglio è una colonna sonora. Mi sembra che sia Un uomo, una donna, un vecchio film di Lelouch. Roma del '66 o giù di lì.

- E che significa?

- A me lo chiedi?

Jean-Loup pareva interdetto. Avevano davanti un fatto assolutamente nuovo, che non riuscivano a classificare nelle precedenti esperienze radiofoniche. A livello emozionale, soprattutto.

- Tu che ne pensi?

- Tutte sciocchezze.

Laurent accompagnò le parole con un gesto noncurante della mano, ma nonostante ciò sembrava avesse parlato più per il desiderio di convincere se stesso che di convincere l'altro.

- Dici?

- Ma sì, centralino a parte, credo sia soltanto lo scherzo di pessimo gusto di un idiota.

Si fermarono davanti alla porta dell'ufficio di Bikjalo e Jean-Loup impugnò la maniglia. Finalmente si guardarono in faccia. Laurent sottilineò il suo pensiero.

- Sarà soltanto una cosa strana da raccontare allo Sporting e di cui riderci sopra.

L'espressione di Laurent, tuttavia, era quella di chi non è completamente convinto di quello che sta dicendo. Jean-Loup spinse la porta e, mentre entravano nell'ufficio del direttore, si chiese se quella telefonata fosse una promessa o una scommessa.

 

《非人》

(意)喬治·法萊蒂

殷杲 周曉陽  

上海譯文出版社出版

 

 

第二章

 

 

-盧透過控制室的大窗戶欣賞著城市夜景,港口風平浪靜的水面反映出燈光點點。海面上矗立著保護神般的阿吉爾山,它的頂峰上安裝了轉播塔,夜空中,一排紅色小燈遙遙閃爍。廣播信號正是通過這個轉播塔覆蓋到整個意大利。

"開工了!"勞倫特的聲音通過內部對講機從後面傳來,"各就各位!"

主持人省掉回答,從窗口走回自己的位置。他戴上耳機,坐到麥克風前。控制室裏的勞倫特張開五指,表示離廣告結束還有5秒鐘。

"聲音"節目的開頭曲播完,節目正式開始。在此之前,節目播放的都是休閒內容。

"我是讓-盧·維第埃。這裡是蒙特卡洛廣播電臺的'聲音'節目。我們希望今天這個美好的五月之夜,不會有人需要我們的幫助,播放的只有這些動聽的音樂。噢,導播告訴我有一個電話打進來了。"

墻上的紅燈亮起,勞倫特用右手點點他,提醒他接電話。讓-盧用胳膊肘撐在桌子上,身子向前探,湊近麥克風。

"你好?"

電話裏傳來一陣靜電嗡嗡聲,然後一片死寂。讓-盧抬起頭,衝勞倫特皺了皺眉頭。導播聳了聳肩,表示不是他們的責任。

"喂,你好?"

終於,回答穿透空氣到來,這答覆又再度穿越時空,播放到千家萬戶。它侵入導播的麥克風,盤踞在人們的心中,滲透人們的生活。從這個時刻起,很長一段時間,黑夜將黑得更加密不透風,人們將不得不營造各種聲音,來填補沉寂。

"嘿,讓-盧。"

這個男人的聲音裏有點不自然的地方。它悶聲悶氣,語調機械,毫無感情。話語有種沉悶的回音,仿佛飛機在遠處起飛傳來的隱隱噪音。讓-盧再次不安地看看勞倫特,後者用手指在空中畫著圈子,表示這種聲音是線路造成的。

"你好。請問你是誰?"

電話那頭猶豫了一下。隨後,帶著不自然回音的聲音再度悶聲悶氣地響起。

"這並不重要。我是人而非人。"

"你的聲音有點不清楚,我聽不大明白。請問你是在哪打的電話?"

一陣沉默。仿佛一架不知飛往何處的飛機絕塵而去,留下若有若無的尾氣。

説話的人並不理會讓-盧的問題。"那也並不重要。唯一重要的是開口的時候到了,即使它意味著從此你我都將無法回頭,我們也別無選擇。"

"為什麼?"

"我很快會遭到追捕,你則將成為追逐影子的獵犬中的一隻。那真不幸啊,因為現在,此刻,你和我完全一樣。我們倆是一回事。"

"此話怎講?"

"我們倆對於這個世界而言,都是沒有面目的人。人們閉著眼睛聽我們的聲音,想像我們的樣子。可是在外面,充滿了只想給自己尋找一張面孔,驕傲地展示它的人,他們熱衷於炮製一張與所有其他人都不同的面孔。他們只關心這個。現在,時候到了,應該出去,看看面孔背後的真相……"  

"你指的是什麼?"

又一陣沉默,時間長得讓人懷疑電話已經挂斷。然而聲音再度響起,裏面仿佛還摻雜著隱隱的笑聲。

"過些時候,你會明白的。"

"我不明白你的意思。"

聲音停頓了一下,仿佛電話那頭的人正在斟酌自己的話語。

"不必擔心。有時候,我自己也不太明白。"

"那麼你為什麼打電話?為什麼和我説話呢?"

"因為我寂寞。"

-盧困惑地把頭埋在桌子上,手指撓著頭髮。

"你聽起來像是關在監獄裏。"

"我們全都被關在監獄裏。我的監獄是我自己造的,但是它也一樣難以逃離。"

"我很同情你。聽起來你並不怎麼喜歡人群。"

"你呢?"

"有時候不喜歡。有時候我試圖了解他們,了解我為什麼不喜歡他們。不過至少,我試著不去評判他們。"

"這一點我們也非常相似。唯一的區別在於,當你和他們談完話,你會感覺到疲倦。你可以回家,停止思考,終止痛苦。我卻做不到。我夜裏難以入眠,因為我的痛苦從來不曾停息。"

"那麼你會在夜裏做點什麼來止住這種痛苦嗎?"

-盧的問題可能直接了點。回答來得有些遲緩,仿佛被紙層層包裹著的某件物體漸漸被剝離到光天化日之中。

"我殺……"

"這是什麼意思……"

-盧的聲音被擴音器傳來的音樂聲打斷了。這是一段哀傷的音樂,旋律非常優美,然而由於緊跟著那兩個字眼出現,它聽起來仿佛一個威脅般飄進空中。它播放了大約10秒鐘,然後戛然而止。

在令人窒息的沉默中,每個人都清楚地聽到電話咔噠一聲挂斷。讓-盧愕然抬頭看著大家。房間裏充滿空調吹出的涼風,每個人的心頭也凜凜發寒。然而大家同時又覺得渾身燥熱不寧。

這個事件結束以後,他們竭力把節目做完,一直支撐到結尾的音樂響起。沒有電話再打進來,或者準確地説,在奇怪的電話結束以後,電臺接到了洪水般的電話,但是他們一個也不敢接進節目了。

-盧摘下耳機,把它放到桌上麥克風旁邊。他發覺儘管空調打得很足,頭髮仍舊浸透了汗水。

你我都將無法回頭。

他播放了一些音樂,打發掉剩下的節目時間,還費勁心機地解釋湯姆·威茨和意大利歌手帕奧羅·孔特之間頗為有趣的相似之處。這兩人都是出色的歌手和著名的歌曲作者。幸運的是,他們事先排演過幾個應急節目以應付突發事件,今晚就用上了其中一個。另外,他們還有幾個備用的電話號碼,萬一節目進展不順時可以啟用。他們打通了幾個熟悉的歌手和作家的電話,請求他們加入節目。花了大約15分鐘討論詩歌和弗朗西斯·卡羅爾的幽默。

"讓-盧?"控制室的門打開,勞倫特的頭探了出來。"你沒事吧?"

-盧目光茫然地看看他,回答道:"沒事。"

他站起身,倆人一起走出播音室,正迎上混音師芭芭拉和音響技師雅克既困惑又有點躲閃的目光。芭芭拉穿著一件藍色裙子,讓-盧看到她胳膊下有兩塊大大的汗漬。

"來了幾十個電話。有兩個人問,這是否是個神秘故事。另外有很多人認為這是我們提高收聽率的拙劣把戲,對此表示憤慨。老闆也打電話來了,氣得發狂。他質問我們是否瘋了。顯然我們有個贊助商給他打了電話,而且肯定沒怎麼誇獎我們。"

-盧想像著老闆辦公室裏充滿前所未有的濃煙的情景,以及一場想必不如節目開始之前那麼愉快的談話。"導播臺為什麼不過濾掉那個電話?"

"我要是知道這是怎麼回事就好了。拉吉爾説電話並沒有經過她就進來了。她也不知道這是怎麼搞的。它直接切進播音室的線路。肯定是出現了短路之類問題。我覺得肯定是那臺新電子導播臺出的亂子。我們總有一天會像《終結者》裏一樣和機器作戰。等著瞧吧。"  

他們離開了播音室,肩並肩朝畢加羅的辦公室走去,一路上儘量避免彼此的目光。那兩個字帶來的虛無空間阻隔在他們之間。

我殺……

"那段結尾的音樂又是怎麼回事?聽起來有點熟悉。"

"我也這麼覺得。我想是段電影配樂吧。好像是《男歡女愛》法國導演克洛德·勒盧赫的成名之作。裏的配樂,那是勒盧赫導的一部老電影。1966年左右拍的。"

"它有什麼意義呢?"

"你問我嗎?"

-盧愣了愣神。這個事件超出他以往做節目的經驗,他心裏亂成一團。"你有什麼高見嗎?"

"它沒什麼意義。"勞倫特焦躁地揮了揮手,仿佛想説服自己。

"你這麼看嗎?"

"是的。導播臺的怪事不算的話,我覺得這其實是個拙劣的玩笑,大概是哪個白癡幹的。"

他們在畢加羅的門口站住,讓-盧扭開把手。他們終於交換了目光。

"這無非是件可以到運動俱樂部講講,讓大家樂一下的怪事罷了。"勞倫特帶著沒把握的表情補充了一句。

-盧推開門,走進導播辦公室。他不禁納悶,這個電話究竟是一個允諾,還是一個賭注?

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