Romanzo criminale
  2009-10-01 15:37:46  cri
Giancarlo De Cataldo

Romanzo criminale

Prologo
Roma, oggi

Se ne stava rannicchiato fra due auto in sosta e aspettava il prossimo colpo cercando di coprirsi il volto. Erano in quattro. Il piú cattivo era il piccoletto, con uno sfregio di coltello lungo la guancia. Tra un assalto e l'altro scambiava battute al cellulare con la ragazza: la cronaca del pestaggio. Menavano alla cieca, per fortuna. Per loro era un gran divertimento. Pensò che potevano essergli figli. A parte il negro, si capisce. Pischelli sbroccati. Pensò che qualche anno prima, solo a sentire il suo nome, si sarebbero sparati da soli, piuttosto che affrontare la vendetta. Qualche anno prima. Quando i tempi non erano ancora cambiati. Un attimo di fatale distrazione. Lo scarpone chiodato lo prese alla tempia. Scivolò nel buio.

- Annamo, - ordinò il piccoletto, - me sa che questo non s'alza piú!

Ma si alzò, invece. Si alzò che era già buio, con il torace in fiamme e la testa confusa. Poco piú avanti c'era una fontanella. Si ripulí del sangue secco e bevve una lunga sorsata d'acqua ferrosa. Era in piedi. Poteva camminare. Per strada, automobili con lo stereo a tutto volume e gruppi di giovani che giocherellavano con il cellulare e schernivano il suo passo sbilenco. Dalle finestre le luci azzurrine di mille televisori. Poco piú avanti ancora, una vetrina illuminata. Si considerò nel riflesso del vetro: un uomo piegato, il cappotto strappato e macchiato di sangue, pochi capelli unti, i denti marci. Un vecchio. Ecco cos'era diventato. Passò una sirena. D'istinto si appiattí contro il muro. Ma non cercavano lui. Nessuno piú lo cercava.

- Io stavo col Libanese! – mormorò, quasi incredulo, come se si fosse appropriato della memoria di un altro.

I soldi erano andati, ma i pischelli non s'erano accorti del passaporto e del biglietto. E nemmeno del Rolex cucito in una tasca interna. Troppo presi a spassarsela per frugarlo a dovere! Gli scappò un sorriso. Ne dovevano mangiare ancora di pane duro!

Mancavano tre ore all'imbarco. C'era tutto il tempo. Il campo nomadi era a meno di un chilometro.

Il primo ad avvistarlo fu il negro. Andò dal piccoletto, che si stava pomiciando la ragazza, e gli disse che era tornato il nonno.

- Ma nun era morto?

- E che ne so? Qua sta!

Lui fendeva senza fretta la piazza, guardandosi intorno con un sorriso da scemo, quasi per scusarsi dell'intrusione. Gli altri pischelli, dopo un'occhiata distratta, tornavano a farsi gli affari propri.

Il piccoletto mandò la ragazza a fare un giro e si mise ad aspettarlo a braccia conserte. Il negro e gli altri due, uno altissimo con la faccia butterata, e l'altro grasso e tatuato, gli facevano ala.

- Buonasera, - disse, - avete qualcosa che mi appartiene. Lo rivoglio!

Il piccoletto si voltò verso gli altri.

- Nun gli è bastata!

Risero. Lui scosse la testa e cacciò il ferro.

- Tutti giù per terra! – disse, secco.

Il negro si agitò. Il piccoletto sputò per terra, per niente impressionato.

- Sí, mo' se famo un bel girotondo! Ma a chi vuoi mettere paura, co' quel giocattolo!

Lui osservò con aria contrita la piccola semiautomatica calibro 22 che aveva preso dallo zingaro in cambio del Rolex.

- È vero è piccolina... ma saputa usare...

Sparò senza prendere la mira, e senza distogliere lo sguardo dal piccoletto. Il negro cadde con un urlo, tenendosi il ginocchio. D'improvviso s'era fatto un gran silenzio.

- Andatevene via tutti! – ordinò, senza voltarsi. – Tutti, tranne questi quattro!

Il piccoletto agitò le mani, come per placarlo.

- Vabbe', vabbe', mo' tutto se risolve... ma tu statte calmo, eh?

- Tutti giú per terra, ho detto, - ripeté, piano.

Il piccoletto e gli altri s'inginocchiarono. Il negro si rotolava in un continuo lamento.

- I soldi l'ho dati alla mia ragazza, - piagnucolò il piccoletto, - mo' la chiamo col cellulare e te li faccio portare, eh?

- Zitto. Sto pensando...

Quanto poteva mancare all'imbarco? Un'ora? Qualcosa di piú? In pochi minuti la ragazza poteva raggiungerli. Avrebbe riavuto i suoi soldi. Il Venezuela l'aspettava. Avrebbe stentato un po' a inserirsi, ma... da quelle parti non doveva poi essere cosí difficile... sí. Sarebbe stato da saggi ripiegare, a questo punto. Ma quando mai lui era stato saggio? Quando mai tutti loro erano stati saggi? Poi, la paura del piccoletto... l'odore della strada... non era per momenti come questo che tutti loro avevano sempre vissuto?

Si chinò sul piccoletto e gli sussurrò all'orecchio il suo nome. Quello prese a tremare.

- Hai sentito parlare di me? – gli chiese, in tono dolce.

Il piccoletto annuí. Lui sorrise. Posò delicatamente la canna sulla fronte e sparò in mezzo agli occhi. Indifferente ai pianti, al rumore dei passi, alle sirene che s'avvicinavano, gli volse le spalle, e puntata l'arma contro la luna bastarda urlò, con quanto fiato aveva in corpo:

- Io stavo col Libanese!

.......

1978, febbraio

Accordi

I.

Satana non aveva torto. Se volevi entrare da protagonista nell'affare della droga, dovevi trovare un qualche accordo coi napoletani. Il che significava passare per Mario il Sardo. L'incontro lo combinò Bufalo, che quando gli andava di ragionare era persino una testa fina. Il garante era Trentadenari, uno di Forcella che in origine stava coi Giuliano. Poi c'era stata una lite con i Licciardiello, alleati dei Giuliano, e due santisti del clan erano rimasti per terra. Trentadenari s'era rifugiato da Cutolo, che l'aveva accolto a braccia aperte nella Nuova camorra organizzata. Infine, a seguito di componenda a base di trenette con moscardini e pesce cappone all'acqua pazza, il tribunale dei comparielli l'aveva assolto, e ora Trentadenari era considerato, da entrambe le fazioni, un interlocutore attendibile. Non male, per uno che s'era girato due volte, meritandosi il soprannome di Giuda.

Trentadenari aveva frequentato il liceo al Genovesi, veniva da una famiglia pulita e si vantava molto delle sue conoscenze e delle sue buone maniere. Era un pezzo d'animale di uno e novanta, arabescato di tatuaggi che – diceva – s'intonavano alle vistose cravatte di Marinella che adorava sfoggiare anche nell'intimità. Con i guadagni della cocaina s'era attrezzato stile Portoghesi un appartamento all'Eur, vicino alla residenza di certi nobili.

- 'A principessa è 'na vera signora, - disse, mostrando agli ospiti il verandato che affacciava su un cortile di alte magnolie e siepi italian garden. – Peccato che è comunista. Io proprio questi ricchi che tirano al rosso, non li capisco!

Il Libanese aveva annuito, convinto. Era fascista da sempre: per lui la destra si identificava con l'ordine e l'organizzazione. E questo stava tentando di fare con la banda. Imporre l'ordine e l'organizzazione a un branco di indisciplinate teste calde. Il potere deve premiare chi ha le idee piú chiare e la forza per affermarle.

Mentre Bufalo e Trentadenari si abbracciavano scambiandosi allegri insulti, il Freddo e il Libanese ispezionavano l'ambiente. Tutto sembrava tranquillo. Dandi invece era annichilito dalla magnificenza di casa Trentadenari. Mobili di design, tavolini di vetro, stereo con i diffusori ultramoderni, lo schermo per il cinema, l'immenso salone con i grandi divani... quello sí che era stile! Quella sí che si poteva chiamare vita... Trentadenari lo prese sottobraccio, amichevole.

- Ti piace, eh? Se ti dico quanto m'sucato l'architetto... ma si vede la mano del professionista, eh? Metto su un poco di musica...

Dalle enormi casse si levò una lugubre litania da chiesa. Bufalo si portò le mani alle orecchie. Il Libanese chiese, ironicamente, se anche i dischi li avesse scelti l'architetto. Trentadenari spiegò ridendo che era la «musica d'ambiente» che usava per rimorchiare psicologhe, giornaliste e qualche avvocatessa.

- Pure le avvocatesse?

- Chelle so' 'e cchiú zoccole!

Mario il Sardo si fece attendere sino all'imbrunire, quando già cominciavano ad averne abbastanza della musica e della sovrabbondante ilarità di Trentadenari. Si era portato appresso il Ricotta. Il Libanese fu stupito di rivedere un vecchio compare che credeva ormai seppellito di anni di galera.

- L'avvocato è stato bravo. M'hanno fatto il cumulo giusto e mo' sto qua!

Mario il Sardo era evaso due mesi prima dal manicomio giudiziario di Aversa approfittando di una licenza d'esperimento. Imputato di tentato omicidio, estorsione e rapina, grazie alla perizia psichiatrica era riuscito a strappare l'infermità mentale. E se l'era guadagnata, non c'era dubbio: alla prima seduta aveva pisciato sulle carte del dottore; la seconda volta quello si era presentato con quattro guardie, e Mario si era chiuso nel piú assoluto mutismo. Durante il terzo incontro, s'era messo a piangere come un bambino chiedendo un ciuccetto e un biberon. Gli accertamenti si erano trascinati per un anno, tra lo sconcerto generale. Alla fine, Mario aveva conquistato la fiducia del cappellano, e per vincere le ultime resistenze dello psichiatra aveva inscenato un finto suicidio a base di strozzamento da ostie consacrate. Morale della favola: clinicamente pazzo, appena un po' socialmente pericoloso, ma un poco pochino, eh! L'evasione – in teoria un errore, visto che gli mancavano appena tre mesi al riesame della pericolosità – era stata un preciso ordine di Cutolo. Lui e il Professore si erano conosciuti proprio ad Aversa, e tanto il Sardo gli era stato alle costole che alla fine Cutolo si era deciso di battezzarlo, nominandolo capozona su Roma. In qualche modo, nella decisione di Cutolo di rimandare sul territorio il nuovo luogotenente c'entravano anche il Libanese e i suoi: Radio Carcere aveva fatto circolare la notizia che il sequestro Rosellini era opera dei napoletani, e Cutolo aveva disposto indagini in merito.

- E invece siete stati voi!

- E invece siamo stati noi.

- Non è andata male, per gente al primo colpo, - concesse il Sardo.

Era quasi senza capelli, piccolo, tozzo, la fronte solcata da un antico sfregio di lama. Comandava il Ricotta a bacchetta, e persino Trentadenari mostrava verso di lui una grande deferenza. Al Libanese stette immediatamente sulle scatole. Impossibile dire cosa ne pensasse l'indecifrabile Freddo.

- Abbiamo un po' di grana da investire e vorremmo combinare con la roba, - spiegò Dandi.

- Quanta grana? – chiese secco il Sardo.

- Uno, uno e mezzo...

- Si può fare. Trentadenari ha aperto un buon canale con i sudamericani. Io vi procuro la coca e vi autorizzo a piazzarla sul mercato, esclusa la zona del Terribile. Prendo il settantacinque per cento sull'utile e il dieci per cento sul capitale d'investimento.

Manco il cravattaro di Campo de' Fiori, pensò d'istinto Dandi. Il Libanese si accarezzava il mento. Il Freddo teneva gli occhi semichiusi. Bufalo sembrava seguire il dialogo sforzandosi di afferrare i passaggi che gli sfuggivano. Trentadenari, finto indifferente, rollava una canna. Ricotta si annodava e snodava una pacchiana cravatta con il sole giallo e la luna nera.

- Forse Dandi si è spiegato male, - disse pacato il Libanese, - noi non chiediamo nessuna autorizzazione, e del Terribile non ce ne po' frega' de meno. Noi ti stiamo proponendo un affare. Cinquanta e cinquanta dall'inizio alla fine. Tu ci vendi la roba al prezzo che stabiliamo e noi dividiamo l'utile. Su tutta Roma...

Il Sardo s'impuzzoní.

- Lo sai con chi stai parlando, Libano?

- Se non lo sapessimo non saremmo qui, - disse il Freddo, - asciutto.

Il Sardo lo fissò con una certa meraviglia. Il Freddo, pensò il Libanese, ha qualcosa che si impone.

- Facciamo conto che l'affare si fa. Per coprire Roma serve uno sprofondo di gente. Di quanti uomini disponete?

- Una quindicina, - si allargò Dandi.

- Non bastano.

- Altri possiamo trovarli facilmente, - insistette Dandi.

- So' sempre pochi.

- Potresti intervenire anche tu, - suggerí il Freddo. – Con qualcuno dei tuoi, voglio dire...

- Un accordo, insomma.

- Te l'avevo detto, mi pare.

Il Sardo si rivolse al Libanese.

- Come pensi di procedere?

- Organizzando la rete per zone. Ogni zona due-tre quartieri. Ogni quartiere un sei-sette formiche e un cavallo a capo. Le formiche rispondono ai cavalli, e i cavalli a noi. Considerando, diciamo, otto zone...

- E la concorrenza?

- Col Puma si può trovare un accordo. Ci conosciamo da una vita... gli altri sono pesci piccoli...

- E il Terribile?

- Se ci sta, bene. Sennò...

Il Libanese aveva lasciato cadere la frase, ma il senso era difficilmente equivocabile. Il Sardo si grattò lo sfregio.

- Chiedete una cosa grossa. A Roma non s'è mai vista una cosa cosí...

- Meglio. Vuol dire che saremo i primi. Noi e voi. Insieme.

Ancora il Freddo. Di acciaio deciso.Un capo.

- Insieme? Forse. Ma un solo capo. Io. - disse il Sardo.

- M'è venuta fame, - azzardò Dandi.

Seguí un pausa di silenzio. Bufalo e Trentadenari, scambiandosi un'occhiata, si avviarono all'uscita. Ricotta li seguí.

In strada, segni dell'inverno: ragazze in maxi e un cielo nerissimo, con brontolii di tuono. Bufalo e Trentadenari si trascinarono Ricotta in rosticceria, dove ordinarono pollo, patate e pizza per tutti.

- Secondo voi si chiude? – domandò Trentadenari.

Bufalo allargò le braccia. E disse il Sardo era proprio uno stronzo.

- Ma no, Mario è cosí... vedrai che alla fine si chiude...

- Stronzo e gargarozzone, - confermò Bufalo.

Sulla strada del ritorno, Ricotta li informò che la Cassazione aveva deciso di bruciare l'ultimo libro di Pasolini. Del che non gliene poteva fregare di meno, ma lo lasciarono dire per amicizia. Ricotta, da ragazzino, aveva fatto qualche comparsata a borgata Finocchio. Si diceva che fosse stato Ppp in persona a insegnargli a leggere e a scrivere. Non era diventato un intellettuale, ma appena sgabbiato s'era recato in pellegrinaggio all'Idroscalo, dove quello sciroccato di Pino la Rana aveva massacrato il poeta frocio.

Rientrarono giusto in tempo per la fase degli abbracci. Dandi li informò dei termini del patto: cinquanta per cento per tutti, e un cinque al Sardo cash per «l'impegno del nome e la garanzia della riuscita dell'accordo». Gli incassi li avrebbero gestiti fifty-fifty. Trentadenari e Dandi, come dire uno per gruppo. Circa la questione del capo, s'era raggiunto un compromesso: avrebbero proposto insieme al Puma di assumere il ruolo di garante sopra le parti. Va da sé che il Sardo era convinto di essere comunque il numero uno. Il primo carico di coca sarebbe arrivato da lì a quindici giorni via Buenos Aires. Affare fatto, dunque. Nell'osservare il modo in cui il Libanese, il Freddo e Dandi si scambiavano occhiate alle spalle del Sardo, Bufalo capì che non sarebbe durato a lungo.

- Damme retta, - sussurrò al Ricotta, - lascialo perde' quello. Te sei uno de noantri.

《罪惡故事》

 

(意)蔣卡羅·德卡塔爾多

文錚 

 

 

序幕

羅馬,今天

 

他蜷縮在兩輛停著的汽車之間,一邊等待著下一通拳腳的到來,一邊用力遮住自己的臉。對方是四個人,其中最壞的是一個面頰上有一道長長刀疤的小個子。在踢打的間隙,那小個子居然還和女朋友在手機裏打情罵俏——這是一起鬥毆事件。幸好,拳腳並沒有打到要害。對於他們而言,這只是一種快樂的消遣。被打的人心想,這些人都能做自己的兒子了。當然,那個黑人除外。全都是愣小子小流氓,他尋思著,要是在幾年前,根本不用等他去尋仇,只要是聽到了他的名字,對方就會自己開槍了斷性命。但這已經是幾年前的事了,那時候世道還沒有變。他稍一分心,便被大釘鞋重重地踢在了太陽穴上,倒在黑暗之中。

"我們走,"那個小個子命令道,"依我看這傢夥是再也起不來了!"

然而他卻起來了。他站起來的時候,天已經完全黑了,他只覺得胸口灼痛,頭昏眼花。前面不遠處有一個小噴泉,他清洗了一下已經凝結的血跡,又喝了一大口帶鐵銹味的泉水。他是站著的,而且還能走。路上,駛過的汽車裏音響的聲音都開到最大,一群群的年輕人在漫不經心地擺弄著手機,嘲笑著他踉踉蹌蹌的步伐。千家萬戶的窗子裏閃著電視機淡藍色的熒光。再往前不遠,有一個亮著燈的櫥窗,他從玻璃的映像中審視著自己:一個佝僂著身子的男人,被撕破的大衣上沾滿血污,幾縷頭髮粘在了一起,幾顆牙也脫落了,儼然一副老頭的樣子,他果然是老了。一輛警車鳴著警笛呼嘯而過,他急忙把背貼在墻上,但是警察要抓的並不是他。已經沒有人再來抓他了。

"我曾和'利巴諾'是一夥的!"他嘴裏嘟囔著,幾乎是一種懷疑的口吻,仿佛自己的記憶曾經屬於別人。

他的錢被搶去了,但小混混們卻還沒有發現他的護照和機票,也沒有發現他縫在一個內兜中的勞力士手錶。他們只是一味地享受打人的樂趣,以至於搜他的身只是例行公事而已!他情不自禁地笑了一下。為這事他們還得去啃硬麵包!

離登機還差三個小時,時間富富有餘,流浪者的地盤離此不過一公里

 

第一個發現他的是那個黑人。他去找那個小個子,這小子正在當眾和女友親熱,黑人告訴他那個老頭回來了。

"他不是死了嗎?"

"我怎麼知道!他來了!"

他不慌不忙地穿過廣場,一臉傻笑地環顧著四週,好像是為自己的擅自造訪而表示歉意。那些小混混只是下意識地瞥了他一眼,就又去各忙各的了。

小個子打發他的女朋友出去轉轉,自己交叉著雙臂等著老頭的到來。那個黑人和另外兩個傢夥——一個個子極高,滿臉麻子,另一個是個胖子,身上刺著紋身——跟在後面。

"晚上好,"老頭説道,"你們拿了我的東西,我想要回來!"

小個子面向他的同伴們説道:

"他還沒受夠!"

同伴們大笑。老頭搖了搖頭,掏出了槍。

"都給我趴下!"他冷冰冰地説。

黑人有些激動,小個子卻一臉若無其事的樣子,朝地下啐了一口。

"沒錯,現在讓我們好好做個遊戲!你想用這破玩意兒嚇唬誰呀!"

老頭注視著這只22毫米口徑的半自動小手槍,臉上一副懺悔的表情,這是他用勞力士和一個吉普賽人換來的。

"這的確是個小玩意兒,但卻能用……"

他開槍了,根本沒有瞄準,目光也沒有從小個子身上移開。黑人慘叫一聲,倒在地上,用手抱著一個膝蓋。霎時間四週一片寂靜。

"都給我離開這兒!"他命令道,"所有人,除了他們四個!"

小個子擺著手,好像是想讓他平靜下來。

"好,好,我一切照辦,可是你得冷靜點行嗎?"

"我説了,都給我趴下。"他慢條斯理地重復道。

小個子和另外兩個都跪在了地上,黑人一邊打滾,一邊不停地呻吟。

"錢都給我女朋友了,"小個子哭嚎道,"我現在打手機把她叫來,讓你把錢拿走,行了吧?"

"別吵,我在想事……"

離登機時間還差多久?一個小時?或許更久?幾分鐘內那個女孩就會來找他們,他就能拿回他的錢。委內瑞拉在等待著他。融入那裏的生活可能要花些力氣,但是……在那邊不會像現在這樣艱難……沒錯。到那時,他將過一種智者隱居的生活。 但是他又何嘗當過智者呢?所有他們這些人又何嘗當過智者呢?接著,他感到了那個小個子的恐懼……聞到了街道的氣味……他們這些人以前的所有經歷有那一刻會像現在這樣呢?

他俯下身,在小個子的耳邊低聲説出了自己的名字,那個聽了讓人心驚膽戰的名字。

"你聽説過我嗎?"他語氣柔和地問小個子。

小個子點點頭。他笑了。他輕柔地把槍管抵在小個子的前額上,在他的眉心扣動了扳機。他冷漠地面對著哭喊聲、嘈雜的腳步聲以及由遠及近的警笛聲,他轉過身,用槍指著形狀怪異的月亮,竭盡全身力氣仰天長嘯:

"我曾經是和'利巴諾'一夥的!"

……

 

 

19782

協議

 

一,

薩塔納沒有錯。如果你想成為毒品交易中的主角,就要得到那些那不勒斯人的同意,也就是説要通過撒丁人馬裡奧之手。雙方的會面是由水牛(譯者按:綽號)聯繫的,他去找馬裡奧説合時,可謂是費盡心機。雙方的擔保人是猶大(譯者按:綽號),他是羅馬附近的弗爾切拉鎮人,原先跟隨朱裏亞諾一夥。後來,朱裏亞諾一夥和自己的盟友理查爾迭羅一夥反目,兩位老大都命赴黃泉,於是猶大就去投奔庫托洛,庫托洛組建的新幫派收留了他。後來黑幫頭目們在飯桌上達成了協議,赦免了他的背叛。如今,猶大在兩夥人眼裏都是個可靠的聯絡人,這樣一個左右逢源的人得上一個"猶大"的外號倒是貼切得很。

猶大讀過傑諾維希高中,是一個正經人家的孩子,他經常炫耀自己的知識和文雅的舉止。他又高又壯,身高一米九,身上刺著阿拉伯風格的紋身,據他講,只有這樣的紋身才能配得上那些惹眼的馬裡內拉領帶,就連在家裏他也要係著這些領帶顯擺。他用販賣可卡因賺的錢為自己在歐爾區(譯者按:羅馬的商業中心,富人區)置辦了一套葡萄牙風格的居室,就在某些顯貴宅邸的附近。

"這位公主才是名副其實的貴夫人,"他一面説著,一面向客人們展示著他的大陽臺,陽臺朝向院子,院子裏種著高大的玉蘭樹和"意大利花園式"的綠籬。"可惜她是共産黨。這些傾向赤色的有錢人,我真搞不懂他們!"

利巴諾隨聲附和著,表示同意。他是一貫的法西斯主義者:對於他而言,右翼的特徵就是服從命令與組織安排。他正打算帶著自己的人馬大幹一場,他要把命令和組織觀念強加在這群腦袋發熱的烏合之眾的身上。權利應當賦予頭腦最清醒而且有能力將自己的主張付諸實施的人。

當水牛和猶大相互擁抱,並開著玩笑相互辱罵時,弗萊德和利巴諾則環顧著四週的一切。四週一片寂靜。但丁為猶大奢華的家所折服。精心設計的傢具、玻璃茶几、身歷聲音響和高保真音箱、家庭影院、寬敞的客廳和碩的大沙發……這才叫風格!這才叫生活!猶大挽著但丁的胳膊,一副友善的樣子。

"喜歡嗎,啊?你可不知道那建築師有多煩……不過能看出是出自專業人士之手吧?我放點兒音樂聽……"

        巨大的音箱裏傳出憂鬱的意大利教堂音樂,水牛連忙用雙手捂住耳朵。利巴諾嘲諷地問是不是這些光碟也是建築師幫他選的。猶大笑著解釋説,這只是"背景音樂",是用來勾引那些女心理學家、女記者和女律師的。

        "還有女律師?"

        "她們可是最粗野的!"

         撒丁人馬裡奧一直很專注,直到黃昏時分,這時候其他人已經對這音樂和猶大的沾沾自喜頗為不滿了。這時,瑞克塔被帶了進來。再一次見到這個老頭讓利巴諾感到很驚訝,他以為這傢夥要在監獄裏呆上很多年。

        "律師表現得很出色。他們為我羅列了很多罪名,可是現在我又回來了!"

兩個月前,撒丁人馬裡奧利用假釋的機會逃離了阿維爾薩那個罪犯瘋人院。他被指控企圖謀殺、敲詐和搶劫,多虧那份精神病學鑒定報告,他才成功地患上了精神疾病。他贏得這種疾病是理所當然的:第一次就診的時候,他把尿撒在了醫生的診斷書上;第二次他是被四個看守押去的,當著醫生他緊閉雙唇,一聲不吭;第三次見醫生,他像個孩子那樣號啕大哭,還吵著要奶嘴和奶瓶。調查工作在一片混亂中拖了一年的時間。後來,馬裡奧得到了監獄神父的信任,為了贏得精神病之戰的最終勝利,他導演了一起假自殺事件——要用獻祭的聖體餅噎死自己。最終的結果是:臨床診斷為瘋子,還具有一點社會危害性,但只是一點點而已!按理説,此時越獄是一個錯誤,因為再過三個月,獄方就會對他的危害性進行二次評估,但是庫托洛卻下了明確的命令。馬裡奧和教授就是在阿維爾薩認識的,那時候教授苦苦糾纏這個撒丁人,最後庫托洛決定讓他入夥,並任命他為羅馬轄區的頭頭。在某種程度上,庫托洛決定委派這個新的地方頭目到羅馬,總會牽扯到利巴諾和他的手下,監獄廣播(譯者按:綽號)已經到處散佈消息説,綁架羅塞裏尼的案子是那不勒斯人幹的,這要歸功於庫托洛的策劃。

"這麼説是你們幹的啊!"

"就是我們幹的。"

"對於頭一次幹的人來説,已經是不錯了,"撒丁人點頭説。

撒丁人馬裡奧幾乎沒有一根頭髮,是個矮胖子,前額上留有一條陳舊的刀疤。他對瑞克塔總是隨意地呼來喚去,以至於猶大對他有些肅然起敬。利巴諾就近坐在了音箱上,而讓人捉摸不透的弗萊德此時腦子裏在想些什麼,是不可能有人知道的。

"我們有點錢可以用來投資,所以我們很想做成這筆生意,"但丁解釋道。

"有多少錢?"撒丁人問。

"一個,一個半……"

"那可以做。猶大和那些南美人一起趟出了一條新道。我負責給你們弄可卡因,允許你們在市場上銷售,當然'恐怖者'的地盤除外。我拿利潤的百分之七十五和投資成本的百分之十。"

這可比放高利貸的人還黑呀,但丁下意識地想。利巴諾在一旁捋著下巴,弗萊德則微合著雙眼。水牛似乎在全神貫注地聽著他們的談話,生怕錯過任何細節。猶大裝出一副木然的樣子,用手卷著一根蘆葦。瑞克塔擺弄著一條印有黃太陽和黑月亮圖案的花裏胡哨的領帶,繫上又解開。

"也許但丁解釋得還不夠清楚,"利巴諾平靜地説,"我們不需要你們的什麼允許,我們也不管什麼'恐怖者'。我們把生意給你送上門來了,從始至終五五分成。你按我們談好的價格把貨賣給我們,利潤我們平分。整個羅馬都是我們的……"

撒丁人火了,嚷道:

"利巴諾,你知道你是在和誰説話嗎?"

"瘦子,如果我們不知道的話,也不會上這來的"弗萊德説道。

撒丁人用一種驚異的目光注視著弗萊德。弗萊德在為利巴諾考慮,所以有些話時不得不説的。

"我們算算這筆生意能賺多少。要想覆蓋全羅馬,就需要一批下線,你們有多少人能用?"

"五十來個,"但丁提高嗓門説。

"還不止,其他人很容易找到,"但丁固執地説。

"我知道人不多。"

"你最好也一起去,"弗萊德建議説,"和你那些人一起,我是説……"

"那就一言為定。"

"我是説我覺得應該是那樣。"

撒丁人對利巴諾説:

"你想怎麼幹?"

"在各個區域都組織網絡。每個區域包括兩到三個社區,每個社區派六、七個小嘍啰和一個小頭目。小嘍啰對頭目負責,頭目對我們負責。我考慮要設八個區……"

"出現競爭怎麼辦?"

"我們和獅子能達成一個協議。我們是老交情了……其他的人都是小菜……"

"那'恐怖者'呢?"

"他願意的話,當然好,否則……"

利巴諾並沒有把話説完,但他的意思卻是顯而易見的。撒丁人用手指搔著他的傷疤。

"你們問了個棘手的問題。在羅馬還沒碰見過什麼事像這個問題這麼……"

"那更好,這就是説我們要開這個先河。你們和我們,一起幹。"

還是弗萊德,他説得斬釘截鐵,儼然一副老大的模樣。

"一起幹?也許吧。但只能有一個老大,那就是我。"撒丁人説。

"我餓了。"但丁冒昧地説。

接著是片刻的沉寂。水牛和猶大交換了一下眼神,然後向大門走去,瑞克塔緊隨其後。

路上,一片冬天的景象:姑娘們長裙曳地,天空陰沉似水,還伴著隆隆的雷鳴。水牛和猶大拉著瑞克塔進了一家烤肉店,他們要了夠三個人吃的烤雞、薯條和匹薩。

"你們看會搞定嗎?" 猶大問道。

水牛攤開雙臂,表示難以預料。他説那個撒丁人簡直就是狗屎。

"不,我看這個馬裡奧還挺……你等著瞧,最終會搞定的……"

"他就是狗屎和飯桶。"水牛重申道。

在回家的路上,瑞克塔告訴他們,最高法院已決定焚燬帕索裏尼的新書。其實他們才不關心什麼帕索裏尼的新書,但是出於朋友之間的面子,他們還是讓他説了下去。瑞克塔小時候在羅馬郊區的菲諾基奧鎮曾當過群眾演員,據説帕索裏尼曾經親自教過他們讀書寫字。只是他並沒有成為一名知識分子。當初他剛一從監獄出來,就跑到水上機場去憑吊那位同志詩人(譯者按:指帕索裏尼),詩人正是在那裏被一個叫皮諾·拉拉納的瘋子殺害了

他們三人一回來,正趕上慶祝成功的時候。但丁把一些協議的條款告訴了他們:大家各拿百分之五十,給撒丁人百分之五,作為"名義擔保費和確保協議成功的保證金"。收入是五五分成。但丁和猶大的談話就像是説給大家聽的。至於誰當老大的問題,也達成了妥協:他們委託獅子充當平衡雙方利益的中間人角色。撒丁人馬裡奧當仁不讓地成為頭號人物。第一批可卡因將通過布宜諾斯艾利斯在十五日內到達。總之,事情談成了。利巴諾、弗萊德和但丁在撒丁人背後相互交換著眼神,看到這一幕,水牛馬上明白,這個協議維持不了多久。

"聽我的話,"瑞克塔小聲嘟囔著,"還是算了吧。"你是我們的人。

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