Onu: attenzione agli "incitamenti all'odio" e ai casi di discriminazione razziale in Giappone
  2014-08-25 14:24:39  cri

Dal 20 al 21 agosto a Ginevra, il Comitato dell'Onu per l'eliminazione della discriminazione razziale ha esaminato la situazione dell'attuazione da parte del Giappone della "Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale". Il Comitato ha prestato molta attenzione agli "incitamenti all'odio" e alle tracce di discriminazione razziale all'interno del Giappone, e sollecitato il paese ad elaborare quanto prima una legge contro la discriminazione razziale e ad adottare delle attive misure per eliminare i casi collegati.  

La "Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale" è stata approvata dall'Assemblea Generale dell'Onu nel 1965. Il Comitato per l'eliminazione della discriminazione razziale è un organismo stabilito sulla base della convenzione per monitorare la sua attuazione da parte degli Stati contraenti, ed è formato da un gruppo di 18 esperti indipendenti di diritti umani. Nel corso dell'85esima riunione del Comitato per l'eliminazione della discriminazione razziale, attualmente in corso, i paesi esaminati sono El Salvador, Stati Uniti, Perù, Camerun, Iraq, Giappone ed Estonia. La delegazione giapponese ha avanzato al Comitato il rapporto periodico di esame, che illustra le misure adottate sin dall'ultima verifica per migliorare la situazione della discriminazione razziale all'interno del paese. Di seguito il Comitato ha esaminato il rapporto, prestando particolare attenzione alla continua comparsa di commenti e di iniziative di marca razzista all'interno del Giappone.

Alcuni membri del Comitato hanno indicato che all'interno del Giappone esistono delle gravi tracce di discriminazione razziale. Sin dal 2003, nel paese si sono tenuti oltre 360 manifestazioni e discorsi razzisti. Alcune organizzazioni e individui di estrema destra esaltano la superiorità dell'etnia giapponese. Alcuni nutrono un senso di radicato colonialismo, con parecchi casi di insulti, molestie, provocazioni e addirittura violenze verso le minoranze e verso gli stranieri. Utilizzano anche i giornali, la rete internet, la TV e altri media per diffondere l'incitamento all'odio e all'antagonismo etnico. Inoltre, alcuni funzionari dell'attuale gabinetto ed esponenti politici esprimono spesso dei commenti assurdi che distorcono la storia e ingannano il pubblico. Visto che il Giappone non ha ancora una legislazione speciale contro la discriminazione razziale e non ha stabilito un meccanismo statale dei diritti umani secondo i principi di Parigi, i commenti e le azioni di discriminazione razziale dei gruppi e degli individui di estrema destra non possono ricevere la dovuta punizione. Il Comitato ha indicato che la libertà di espressione non è assoluta. Il governo giapponese deve impostare correttamente i rapporti tra libertà di espressione e parole e azioni che incitano all'odio e alla sedizione, migliorare la legislazione inerente e frenare fermamente gli incitamenti all'odio.  

Quanto al problema delle donne di conforto, gli esperti del Comitato hanno affermato che nel corso della seconda guerra mondiale, il Giappone ha costretto le donne di alcuni paesi asiatici a fare da schiave sessuali ai suoi militari, il che è un vero e proprio atto di discriminazione razziale. E' quindi naturale che le sopravvissute chiedano delle scuse e dei compensi al governo giapponese. Tuttavia alcuni politici giapponesi sostengono ancora la necessità e la legittimità delle donne di conforto, il che provoca dei gravi danni alle vittime.   

Il Comitato ha anche prestato attenzione ad altri fenomeni di discriminazione razziale esistenti all'interno del Giappone. Per esempio, l'ineguaglianza fra i cittadini giapponesi e gli stranieri. In alcune strutture pubbliche è chiaramente scritto "Vietato l'ingresso agli stranieri." Nell'accesso all'istruzione, al lavoro e alla pensione, le minoranze etniche non possono godere di un trattamento paritario. Il Comitato ha indicato che il Giappone non ha ancora stabilito un organismo statale dei diritti umani e la legislazione interessata non è completa.   

Secondo i regolamenti della verifica, la delegazione giapponese ha risposto sul posto alle decine di domande avanzate dal Comitato, ma le cosiddette risposte in realtà paiono più illustrazioni o giustificazioni. Per esempio, sul problema dell'incitamento all'odio, la delegazione ha detto di mantenere delle riserve, ritenendo che all'interno del paese non esista questa situazione. Per quanto riguarda il problema delle donne di conforto, si è giustificata dicendo che il problema esula dalla sfera della discriminazione razziale, ed ha di nuovo negato la realtà della costrizione delle donne. Secondo la procedura, sulla base dei risultati dell'esame, fra pochi giorni il Comitato pubblicherà le "opinioni conclusive", avanzando al Giappone delle proposte concrete di miglioramento.

  

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