Giorgio Prodi: necessaria la cooperazione globale per rispondere all’impatto economico causato dall’epidemia

2020-05-25 10:53:38
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Le statistiche delle autorità competenti realizzate a partire dallo scoppio dell’epidemia di Covid-19 dimostrano che l’economia italiana ha subito un forte impatto, diventando uno dei paesi più fortemente colpiti dall’epidemia. Quando durerà ancora l’impatto dell’epidemia? Come uscirà l’Italia dalla crisi? Giorgio Prodi, professore di economia applicata dell’Università di Ferrara, ha dichiarato in un’intervista al nostro corrispondente in Italia che l’epidemia eserciterà un grande impatto sulla futura economia mondiale, ma per fronteggiare la crisi è necessario che il mondo cooperi invece di creare ostacoli. Segue il nostro servizio.

L’Italia è uno dei primi Paesi europei in cui è scoppiata l’epidemia ed ha riportato finora circa 210 mila casi confermati, occupando il terzo posto al monto. Dall’ultimo ‘World Economic Outlook’ pubblicato il 14 aprile dal FMI emerge che per effetto dell’epidemia, l’economia italiana quest’anno avrà una recessione del 9.1%, e dal 10% di un anno fa, quest’anno la disoccupazione è salita al 12.7%. Secondo il rapporto, l’Italia si posiziona al secondo posto tra i paesi in cui l’epidemia ha apportato il più forte impatto sull’economia, con una situazione di poco migliore solo alla Grecia. A questo proposito, il professor Prodi ha rilevato che durante l’applicazione della rigorosa misura delle “città blindate”, l’industria più colpita a breve termine è quella che richiede l’interazione umana.

“Per l’Italia è un settore molto importante. Il turismo e la ristorazione fanno più dei servizi. Qui siamo veramente fermi in questa situazione drammatica, perché più che imprese sono piccole imprese, quindi questo crea ulteriori problemi. Considerare il medio periodo è molto più difficile da dire, sicuramente l’Italia ha un problema in più perché ha molte piccole e medie imprese che sicuramente hanno meno risorse per riuscire a sopportare tempi di chiusura o di rallentamento molto a lungo”

Per far fronte all’impatto dell’epidemia sull’economia e garantire la vita di base della popolazione, il governo italiano ha introdotto una serie di misure di sussidio economico. Finora il governo ha iniettato un totale di 750 miliardi di euro nel mercato, circa la metà del Prodotto Nazionale Lordo. Nello specifico, ha fornito capitale circolante alle imprese, concesso garanzie di reddito ai disoccupati, sospeso il pagamento di mutui ipotecari, ridotto o esentato dalle imposte ecc. il premier italiano Giuseppe Conte ha sottolineato ripetutamente che la risposta a questa epidemia necessita di strumenti finanziari innovativi e che i cittadini europei non vedono l’ora di trovare soluzioni europee. Secondo il professor Prodi, sia all’interno dell’Italia che a livello europeo, la cosa di maggior importanza e la possibilità di avere pronta disponibilità dei fondi.

“C’è un problema di velocità. Queste risorse non stanno arrivando nei tempi necessari alle famiglie e alle imprese e su questo c’è ancora molto da lavorare, a livello italiano. A livello europeo sicuramente si è fatto tutto quello che si poteva fare, la BCE ha messo in campo tutti gli strumenti possibili, la situazione invece a livello di alte istituzioni, quindi Commissione e Consiglio europeo, è molto più complessa. Il problema è che ancora una volta non c’è accordo interno su come considerarle, come distribuirle. Tutto questo è ancora in discussione, quindi si sta perdendo del tempo prezioso.”

Nel contesto della globalizzazione, nessun paese può rispondere da solo all’epidemia. Tuttavia mentre l’epidemia di Covid-19 stava influenzando negativamente la catena di approvvigionamento globale e la catena industriale, alcuni paesi hanno adottato restrizioni commerciali, e c’è addirittura chi crede che d’ora in poi non potrà più esserci economia globalizzata. Prodi ha affermato in proposito che fino a un certo grado l’epidemia modificherà la futura struttura economica, tuttavia i problemi messi in luce dalla globalizzazione dovrebbero essere risolti all’interno del quadro internazionale, per cui chiudere le porte non apporterà alcun futuro beneficio al mondo.

“Una redistribuzione delle attività produttive un po’ ci sarà, con un ritorno alla regionalizzazione. E’ importante continuare a cooperare nelle istituzionalizzazioni che ci sono cercando di formarle là dove non hanno funzionato, ma chiudersi non credo che porti da nessuna parte né a nulla di positivo. Questa crisi insegni che c’è bisogno di cooperazione da tutto il mondo e non di costruzione di barriere.”

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